Comunicato stampa n. 6/2024 dell’8 febbraio
Scarzanella: “Fondamentale agire su formazione e welfare”
Il lavoro nel bellunese c’è, ma il 57% del personale per le MPI è difficile da reperire
Il lavoro c’è, ma manca il personale, tanto più quello specializzato. A confermare questa convinzione ormai consolidata del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro giunge l’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato su dati Unioncamere-Anpal Excelsior.
“E’ un bene che i nostri giovani studino e puntino alla laurea – commenta la presidente di Confartigianato Imprese Belluno Claudia Scarzanella – anche per togliere all’Italia il titolo di Paese con una media di laureati tra le più basse in Europa, ma bisogna intervenire sul sistema educativo, in modo che laureati e diplomati possano maturare le competenze culturali e pratiche per entrare nel mondo del lavoro e nelle piccole e medie imprese, ponendo così le basi per la soluzione a questo ormai drammatico problema di reperimento del personale”.
Il Veneto nel 2024 è stata la Regione più in sofferenza nella ricerca di manodopera: le imprese artigiane hanno registrato difficoltà di reperimento di personale nel 65,2% dei casi, contro una media nazionale del 55,2%, e con una differenza del +13,7% rispetto alla ricerca del personale per il totale delle imprese. Nel 2023 il Veneto era al terzo posto con una percentuale di difficile reperimento del 60,4%. La situazione è dunque peggiorata.
“Se si guarda alla provincia di Belluno – osserva Claudia Scarzanella -, le entrate nel mondo del lavoro delle MPI (fino a 49 dipendenti) nel 2024 sono state 14.560, delle quali 8292 difficili da reperire (57%): è interessante sottolineare che rispetto alla popolazione, la percentuale di entrate nel bellunese (7,28%) sia superiore alle altre province venete (tranne Venezia), a dimostrazione che nel nostro territorio il lavoro c’è più che altrove, ma resta la difficoltà di trovare le persone. È una delle criticità più percepite dalle nostre aziende, soprattutto perché non ci sono soluzioni rapide. E il bisogno è ora”.
In questo contesto, subentra un problema culturale.
“Siamo di fronte ad un radicale cambiamento di stili di vita e di mentalità – continua Scarzanella -, soprattutto nei giovani, non più disposti a rinunciare al proprio tempo libero, e che quindi chiedono una maggiore flessibilità di orario. E la transizione verde e digitale potrebbero ampliare il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, se non si arriverà ad un collegamento più efficace tra sistema formativo e mercato del lavoro”.
“Le imprese stanno cercando sistemi per attirare o mantenere personale: incrementi salariali, maggiore flessibilità degli orari di lavoro grazie ad un efficacie sistema di contrattazione integrativa regionale, più autonomia sul lavoro in relazione a specifiche competenze o mansioni, benefit aziendali. Le imprese artigiane inoltre applicano un sistema di welfare contrattuale incardinato sulla bilateralità, che offre ai lavoratori molteplici prestazioni, anche di carattere sanitario, a cui si aggiungono sempre più frequentemente anche piani di welfare aziendale. Confartigianato chiede da tempo, invero senza avere risposte, che le prestazioni di welfare contrattuale erogate ai lavoratori siano detassate al pari di quelle erogate nell’ambito dei piani di welfare aziendale, così da mettere nelle tasche dei lavoratori dell’artigianato veneto ingenti risorse aggiuntive”.
E comunque emerge che non è un problema relativo al tipo di contratto offerto al lavoratore. “Non troviamo lavoratori qualificati e con competenze specifiche e se anche si attinge dal mercato dei lavoratori stranieri, c’è lo stesso problema di formazione che si aggiunge alla difficoltà della lingua e di convivenza tra diverse etnie e culture. E’ un’emergenza da affrontare in un’ottica di politica economico-sociale e sociologica. Assenza di ricambio generazionale, crisi demografica e invecchiamento della popolazione, difficoltà dei mercati, inflazione, inadeguatezza dei percorsi scolastici rispetto al mondo del lavoro, sono aspetti che andrebbero analizzati insieme per una riforma del mondo del lavoro”.
E il futuro? le previsioni di nuove assunzioni a livello nazionale sono in leggero calo (-0,2%); ma per le piccole e medie imprese il trend è inverso, ovvero si attende un aumento del +1,7%. Negli ultimi tre anni l’occupazione dei giovani in Italia è cresciuta ad un tasso doppio della media europea (9,2% rispetto al +4,6% della media UE), ma 1 milione 495mila giovani tra i 25 e i 34 anni al secondo trimestre del 2024 sono risultati inattivi: anche su di loro bisogna intervenire.